Disdire la carta di credito è un’operazione piuttosto semplice da eseguire, che si può realizzare sia di persona che a tramite posta.
Disdetta Carta di Credito
Disdire una carta di credito in Italia non è una cortesia chiesta alla banca ma un diritto che discende dalle regole sui servizi di pagamento e, quando la carta incorpora una linea di credito revolving, dalla disciplina del credito al consumo. La cornice giuridica che conta davvero, al di là delle prassi dei singoli emittenti, è duplice: da un lato il contratto quadro dei servizi di pagamento, che regola l’emissione e l’uso della carta come strumento di pagamento; dall’altro l’eventuale contratto di credito collegato alla carta, tipico delle revolving, che consente di rateizzare gli utilizzi. Sul primo fronte la norma è esplicita: l’utilizzatore può recedere in qualunque momento dal contratto quadro “senza penalità e senza spese di chiusura”, mentre l’intermediario, se recede, deve dare almeno due mesi di preavviso. Si tratta di un principio generale attuativo della direttiva europea sui servizi di pagamento (PSD) e ripreso sia nel Testo unico bancario sia nelle disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia, che ribadiscono la libertà del cliente di sciogliere il rapporto senza costi di chiusura. In termini pratici questo significa che la richiesta di disdetta non può essere condizionata al pagamento di penali o di “commissioni di estinzione”, e che l’emittente, qualora voglia modificare o chiudere unilateralmente un contratto a tempo indeterminato, deve rispettare il preavviso regolamentare.
Quando la carta è stata sottoscritta a distanza o fuori dai locali dell’intermediario, nelle primissime settimane si aggiunge il diritto di ripensamento del Codice del Consumo: entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto puoi recedere senza dare motivazioni e senza penali, con l’unico onere di rimborsare eventuali servizi già goduti. Non è un passaggio obbligato se hai deciso semplicemente di chiudere una carta che usavi da tempo, ma è utile ricordarlo se hai appena attivato la carta e vuoi tornare sui tuoi passi. L’amministrazione competente conferma nelle proprie FAQ che questo diritto opera per i contratti conclusi a distanza tra professionista e consumatore e chiarisce come calcolare i termini.
La modalità per esercitare il recesso è meno complessa di quanto sembri. Dal lato “forma”, conta inviare una comunicazione su supporto durevole che identifichi chiaramente il rapporto, che sia conservabile e che attesti data e provenienza. In concreto, la scelta più solida è una PEC o una raccomandata A/R indirizzata all’ufficio competente dell’emittente indicato nel contratto o nei fogli informativi; molte banche accettano anche la chiusura via home banking o in filiale con rilascio di ricevuta. Dal lato “contenuto”, la lettera dovrebbe riportare i dati del titolare, il numero della carta (anche parzialmente oscurato per ragioni di sicurezza), la volontà di recedere dal contratto quadro e, se c’è, la volontà di estinguere anche l’eventuale linea di credito collegata. In assenza di un canale digitale, il modello analogico resta perfettamente valido, purché la banca rilasci prova di presa in carico; su questo punto la disciplina di trasparenza pretende che gli intermediari adottino procedure chiare e non vessatorie.
Il profilo economico della chiusura richiede attenzione ai tempi e alla natura della carta. Se si tratta di una carta “a saldo” o “charge” priva di revolving, la banca liquida le transazioni già contabilizzate fino alla data di efficacia del recesso, addebita l’ultimo estratto conto e chiude; eventuali canoni periodici non possono essere pretesi oltre la data di efficacia, e in ogni caso non sono ammesse spese di chiusura. Se invece la carta è revolving e quindi incorpora un contratto di credito al consumo a tempo indeterminato, oltre alla libertà di recesso “in qualunque momento” valgono anche le regole speciali sul ripensamento iniziale e sull’estinzione anticipata: il consumatore può recedere entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto e, in ogni momento, può comunque chiudere il rapporto restituendo il dovuto; il finanziatore, se recede, deve preavvisare con almeno due mesi e può sospendere l’utilizzo solo per giustificato motivo, dandone comunicazione. Questo quadro deriva dagli articoli 125-ter e 125-quater del Testo unico bancario e trova conferma nella modulistica standard dei principali emittenti di carte revolving. In concreto, recedere da una revolving non significa “non pagare” quanto già utilizzato, ma smettere di poter usare la carta e rimborsare integralmente o secondo un piano di rientro concordato il saldo residuo, senza penali di chiusura e con i soli interessi maturati fino all’estinzione; parallelamente, l’eventuale rimborso anticipato riduce in proporzione tutti i costi del credito.
Sul piano operativo conviene distinguere due momenti: il blocco dello strumento e la chiusura del contratto. Se il recesso è motivato da scelta personale, la banca provvede a disabilitare la carta alla data di efficacia e smette di autorizzare nuove operazioni; se invece temi usi illeciti o hai smarrito la carta, il blocco va chiesto immediatamente con i numeri di emergenza dell’emittente e la disdetta segue, ma questo profilo attiene più alla sicurezza che al recesso e resta regolato dal d.lgs. 11/2010 e dai presidi PSD2. In ogni caso, una volta inviata la disdetta, è buona pratica tagliare la carta e, se richiesto, restituirla secondo le istruzioni; diversi emittenti indicano espressamente di spedire la carta fisicamente tagliata insieme alla comunicazione, come misura di prudenza e per chiudere senza equivoci la disponibilità del mezzo.
La gestione delle operazioni “che camminano” oltre la data di chiusura è uno dei nodi pratici più trascurati. Abbonamenti ricorrenti, pagamenti in archiviazione su wallet, prenotazioni con preautorizzazioni alberghiere, pedaggi o servizi in abbonamento tendono a ripresentarsi anche dopo la disattivazione se non li hai cessati presso il fornitore: giuridicamente la banca non può addebitare spese di chiusura, ma può legittimamente chiedere il pagamento di un’operazione che hai autorizzato prima del recesso e che viene presentata in contabilità dopo. Per uscire “puliti” vale la regola del doppio binario: cessare l’uso della carta presso i merchant ricorrenti e, parallelamente, chiedere alla banca di non accettare nuove disposizioni dopo la data di efficacia, sapendo che eventuali rettifiche (chargeback o storni di importi non dovuti) restano comunque azionabili nei termini e con le modalità previste dalla normativa PSD2 e dal contratto.
Se qualcosa non torna — per esempio ti vengono addebitati costi di chiusura, canoni oltre la data di efficacia o spese legate a un servizio non più erogato — la sequenza di tutela è chiara: reclamo scritto all’intermediario e, in assenza di risposta soddisfacente entro i termini, ricorso gratuito all’Arbitro Bancario Finanziario. La giurisprudenza dell’ABF e la prassi regolamentare confermano i capisaldi sopra ricordati: gratuità del recesso per il cliente, obbligo di preavviso per la banca nei contratti a tempo indeterminato, divieto di penali mascherate e dovere di corretta informazione. In più, le Guide e le Disposizioni della Banca d’Italia sulla trasparenza impongono che le condizioni su recesso, preavviso, canoni e oneri siano esposte in modo comprensibile nei fogli informativi e nei documenti di sintesi, cosicché una difformità tra il contratto e il comportamento dell’emittente è contestabile con buone probabilità di accoglimento.
Una parola sul coordinamento con gli altri rapporti bancari. Se la carta è collegata a un conto che intendi mantenere, la disdetta non tocca il conto salvo tua richiesta; se invece vuoi chiudere contestualmente anche il conto oppure la carta è la chiave di un pacchetto che include servizi di pagamento, ricordati che la regola del “recesso gratuito” vale per tutto il contratto quadro e che l’intermediario non può imporre costi di chiusura. La nuova trasparenza bancaria, pubblicata e aggiornata sul sito della Banca d’Italia, insiste su questo punto e lega il buon esito della chiusura alla qualità delle informazioni e dei processi interni degli intermediari; se il tuo istituto frappone ostacoli, un reclamo ben documentato seguito, se serve, dall’ABF o dalla mediazione civile, è spesso risolutivo.
In sintesi, una disdetta di carta di credito “a prova di contestazione” si costruisce su tre mosse: affermare con chiarezza il tuo diritto di recesso dal contratto quadro dei servizi di pagamento senza costi di chiusura, gestire con intelligenza gli effetti della chiusura sulla linea di credito e sulle operazioni ricorrenti, scegliere canali che forniscano prova dell’invio e della ricezione. La normativa di rango primario e regolamentare è dalla tua parte: la facoltà di recedere in ogni momento è un diritto, non una concessione; le penali non sono ammissibili; il preavviso è un obbligo della banca, non del cliente. Se incontri resistenze, la documentazione accurata e gli strumenti di risoluzione delle controversie bancarie sono il tuo alleato per arrivare rapidamente alla chiusura effettiva alle condizioni di legge.
Modulo Disdetta Carta di Credito
Di seguito è possibile trovare il modulo disdetta carta di credito Word e PDF.